L’Ascoli Calcio sta sicuramente migliorando il proprio gioco in maniera esponenziale. Il fatto, dopo la partita di Foggia, è sotto gli occhi di tutti. Ma da dove parte questa crescita? Proviamo ad analizzare.

Innanzitutto dall’amalgama. la conoscenza dei giocatori l’un con l’altro dopo un campionato iniziato in ritardo per quanto riguarda la conformazione rispetto alle altre squadre. Vero è che spesso si è predicata attesa e forse il 100% lo si avrà soltanto da Novembre in poi. In più la forma fisica, acquistata in maniera globale da parte di tutti gli elementi della squadra di Vivarini. Dal punto di vista del gioco, invece, il ‘level up’ si è visto soprattutto in una funzione di gioco specifica, che è anche uno dei punti cardini nella filosofia del tecnico bianconero: attirare gli avversari per uscire. Le seconde palle, l’aggressione di reparto con densità sono state richieste esasperanti di Vivarini sin dal primo giorno di ritiro. Contro Cremonese e Foggia si è visto tantissimo questo tipo di miglioramento. Soprattutto in fase di possesso.

Partendo da una ampiezza relativa, la squadra inizia a capire che cosa vuol dire occupare densamente una zona di campo, muoversi lì, attirare l’avversario ed uscire con la palla dal lato opposto. Lo ha chiesto ogni giorno al Picchio Village sia Vivarini che lo staff. Basti pensare ai torelli o agli esercizi di possesso dove non si è quasi mai sentito parlare di velocità, intensità, rottura, ma sempre “qualità!”, più volte urlata anche da Monticciolo. Capiamoci, si era provata anche nelle partite addietro, ma forse con una lentezza di troppo o un qualità minore. Inutile dire che con l’arrivo di Troiano come faro del centrocampo, questo tipo di giocata riesce perché lui diventa spesso l’uomo che con il passaggio chiave trova il modo di superare la prima linea di pressing avversaria precedentemente “attratta”. Lui è sicuramente l’uomo, per caratteristiche, in cui Vivarini sta trovando l’esodo del suo credo professato i mesi di allenamenti bianconeri. Pian piano, vedendo chi può farlo e che il giochetto riesce, è inutile sottolineare come anche altri compagni si siano convinti che si potesse fare e che la squadra ha elementi tecnici per comporre questo tipo di uscita.

Sicuramente c’è da migliorare, come sempre, soprattutto con la concretezza offensiva. Credere di essere arrivati a qualcosa porta solo all’involuzione, soprattutto nel gioco del calcio. Continuare su questa strada potrebbe essere un buon percorso che porta poi a giocarsi le partite a viso aperto, grazie alla convinzione e ad una certa libertà mentale nel provare la giocata, ovunque, come a Foggia. Magari dando l’impressione che si, “io sono un toro nel mio rodeo, ma sono un torazo fuori”.

Matteo Rossi