Caro Bambino Gesù,

il fascino del Natale appare sempre più fragile fra tanta povertà e paura per il presente e il futuro. C’è scarsità di lavoro, confusione nella vita sociale, malattie e mancanza di mezzi per curarsi, urgenza di risolvere situazioni che rischiano di travolgerci. Cresce la sfiducia nelle istituzioni e particolarmente verso la politica, che non riesce a intercettare i veri bisogni di tutti, come ad esempio con l’approvazione frettolosa da parte del nostro parlamento del DAT (dichiarazione anticipata di trattamento, chiamata anche testamento biologico o di vita), che a parere di molti e anche mio, è un altro colpo andato a segno da chi propina la cultura della morte pensando, forse in buona fede, di essere araldo della libertà della vita. Quel che vorrei soprattutto dirti è che nelle nostre terre cristiane la fede si è opacizzata e il tuo Natale ne fa le spese. Perché ti meravigli? Mi è sembrato di sentire, caro Gesù Bambino, la tua voce che reagisce così al mio
interiore disappunto dinanzi a un mondo che apparentemente si allontana dal tuo vangelo.

“Perché ti meravigli – mi ripeti – se, tanto per cominciare, la storia degli uomini si calcola a partire dalla mia nascita e qualcuno comincia a dire che questo non va bene. Anche nelle città impregnate di cultura e di spiritualità cristiana i segni della mia nascita sono quasi scomparsi dando l’impressione che si festeggia il Natale senza sapere perché. Una volta si augurava “Santo Natale”, oggi si ripete “Buon Natale”, e così, un po’ alla volta, mi escludete dalla mia stessa festa. Nei supermercati ospite fisso è babbo Natale, e di me quasi nessuna traccia tra offerte di regali e festoni di auguri di “buone feste” o, copiando gli anglosassoni, di “season’s greetins”. Peccato! Era tanto bello vedere le famiglie, le scolaresche dai più piccoli ai più grandi riunirsi attorno al presepe e cantare: “Tu scendi dalle stelle”. Vi stavo vicino e in voi percepivo tanta fiducia in me. Mi commuovevo perché questo faceva sentire le famiglie più unite, i bambini e gli adu
lti più sensibili al mio amore e alla loro reciproca compagnia. E’ vero, eravate più poveri ma sicuramente più sereni, anzi persino più felici. Oggi invece leggo tristezza e preoccupazione sul vostro volto; è quasi scomparso il sorriso, e mi dispiace perché a Natale sono venuto a portare la pace, la luce, la gioia. Insomma sono venuto a farvi capire che mio Padre ama tutti indistintamente così tanto che mi ha chiesto di sacrificare la vita per voi. A Betlemme sono venuto per restare con voi per sempre, ma – ti confesso – mi sento ora quasi un estraneo e non tanto rigettato quanto piuttosto ignorato. Sembra che senza di me state bene, quasi meglio perché non avete più bisogno di me. Eppure, basta poco per capire che le cose non vanno proprio così: vi vedo pensierosi, scontenti, inquieti e scontrosi come se cercaste sempre qualcosa in più senza trovarla. La felicità purtroppo non ha prezzo e non è in vendita, anche se qualcuno, che mi odia da sempre, vuole convincervi del
contrario. Cercate pace, amore, felicità, ma di tutto questo solo Io posso colmarvi.
Vi ricordate quello che scrive l’evangelista Luca? Sulla collina accanto a Betlemme vegliavano dei pastori facendo la guardia al gregge. Un angelo li avvolse di luce ed essi furono presi da spavento, ma li rassicurò: “Non temete! ”Vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo; oggi vi è nato un Salvatore, che è il Messia Signore”. I pastori si fidarono e andarono in fretta alla grotta, dove trovarono Maria, Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia, proprio come era stato loro descritto. Ripartirono talmente felici che glorificavano e lodavano Dio per tutto quello che avevano sentito e visto. La gioia e non il piacere, che è di ben altra pasta, è il dono del mio Natale”.

Caro Bambino Gesù, cerca di capirci. E’ difficile per noi, generazioni dell’era supertecnologica, continuare a crederti come i pastori di Betlemme. C’è chi afferma che la tua nascita in una misera stalla sia fiaba d’altri tempi come quella di babbo Natale e, senza troppo rumore, qualcuno vorrebbe metterti in soffitta insieme al presepe per fare del Natale una festa più adatta a tutti, cioè senza di te. Ai bambini non s’insegna più a scrivere la letterina di Natale a Gesù Bambino mettendola come facevo io sotto il piatto di papà prima della cena natalizia. Preferiscono scrivere a babbo Natale che non esiste, e noi adulti abbiamo una grande responsabilità se non avvertono più il fascino spirituale del mio Natale. Ci siamo fatti distrarre da troppe cose che sembrano più importanti, e non abbiamo trasmesso loro l’essenziale, che è proprio il dono della tua nascita.

Caro Bambino Gesù, anche se ti stiamo cacciando, non te ne andare. Nonostante le apparenze, siamo in tanti disposti ad accoglierti perché per noi il racconto della tua nascita dalla vergine Maria è verità di fede che ha cambiato la nostra vita. Aiutaci a resistere alla tentazione delle mille luci che ci abbagliano facendoci diventare così miopi da non riuscire più a leggere persino dentro il nostro animo. Regalaci la tua umiltà anche se non sembra più una virtù, poiché quando ti fai agnello mansueto, ti sbranano i lupi che circolano dappertutto. C’è chi dice che se le cose nel mondo vanno male è colpa tua perché non intervieni e qualche volta anch’io cado nel dubbio. Ma da chi possiamo andare se non da te, che sei l’unico a non tradirci mai? Penso alla tua vicenda umana che ti ha visto nascere in una stalla sperduta, fuggire in Egitto per scampare all’ira di Erode, affrontare una vita piena di opposizioni e contrasti, e morire in croce. Sembrava un fallimento
totale e invece hai vinto: sei risorto! Mi chiedo però: tu hai fatto tutto questo per noi e perché noi non lo capiamo?

Caro Bambino, quando cammino fra il frastuono delle vie brulicanti di bancarelle, ho la netta sensazione di un sofferto mondo artificiale che si alimenta di falsi miraggi e d’irreali luccichii da film. Ne sono convinto: senza di te tutto può diventare falso, ma con te tutto riacquista subito sapore e colore diverso. E allora, ti prego, non ti stancare di avere pazienza con noi. Il tuo vangelo ha prodotto i frutti più belli di fede, di carità e di civiltà, mentre adesso ci sovrasta la nebbia dell’indifferenza e della paura. Si è raffreddato il cuore e, condizionato da tante incertezze, sta cedendo alla voglia di vivere senza di te come se tu fossi un intruso nella nostra esistenza. Te lo ripeto: non ci lasciare; anzi con la tua benevolenza frena il peggio che avanza; sciogli i nodi che bloccano la fiducia in te. Senza te, caro Gesù Bambino, questo pianeta massacrato in ogni angolo rischia di diventare un deserto abitato da bestie randagie.

Resta con noi, perché se tu ci sei, nulla ci manca e aiutaci a non dimenticarlo mai. Aiutaci a farlo comprendere anche a chi non ci crede e fa fatica ad accettarlo, perché solo così Natale è veramente il tuo e il nostro Natale.

☩ Giovanni, tuo vescovo