Perché non domandarsi il perché? Di tutto, di ogni cosa successa. Ma non il ‘perché’ pregno di sofferenza e del “preferivo fosse in quest’altro modo”. Il perché riflessivo, apatico. Perché Francesco Bellini avrebbe dovuto prendersi questa garra ascolana alla sua veneranda età? (non me ne voglia il presidente, ormai non è più di primo pelo). Perché i tifosi bianconeri sarebbero dovuti stare sempre in silenzio? In mezzo, come noto, i treni nei binari sbagliati sono passati in quantità industriale.

Per amore, è sempre per amore. Poi puoi essere innamorato in diversi modi, con diverse sfumature e con diversi errori. Non ci si arrabbia mai da soli, questo è il fatto. Lo diceva anche quel ragazzotto di Milano che un paio di cose giuste le ha scritte: “La ragione e il torto non si dividon mai in un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell’una o dell’altro”. Si tratta di Alessandro Manzoni.

Quindi gli errori nei rapporti si fanno almeno in due, non esistono errori unilaterali. Esistono giudizi unilaterali, e parlo sempre da entrambe le parti, che possono indirizzare diversi pensieri. L’esempio immediato è l’ultima lettera scritta dalla signora Marisa Bellini. Si esca dal “sto con quello” o “sto con quell’altro”, teniamo sempre in testa l’apatica domanda ricercata sin dall’inizio. Perché Marisa ha scritto questa lettera, rischiando di buttarsi addosso le ire di una città quando, in fin dei conti, cosa glie ne fregava? Estendiamo. Perché la famiglia Bellini sta facendo tutto questo, quando poteva vendere tutto e subito al primo acquirente e andarsene? Per amore.

E perché il popolo bianconero odia (perché è odio) tutto quello che è diverso dalla concezione di calcio ascolano? Perché dovrebbero essere così visceralmente attaccati a questi colori sorbendosi difficoltà psicologiche e fisiche? La risposta è sempre quella, per amore. Sempre per amore. Come i tifosi bianconeri amano la propria storia, Costantino Rozzi, il calcio ascolano, la sofferenza, così Bellini ama la sua (o le sue) società, le persone che ci sono dentro, il proprio lavoro. E lo fa con tutto quello che è diverso da quello che Rozzi ha lasciato alla città. Per me sono vere le cose spesso dette dal presidente Bellini, altre sbagliate. Per me sono vere diverse cose dette dalla tifoseria o chi la rappresenta, altre sbagliate.

Non voglio terminare con un manifesto a Bricofer o Bellini, tifosi o società, Ascoli Picchio o Ascoli Calcio. Finisco con il calcio e con l’onesta, le due cose più importanti che possono esserci come binomio in un club di calcio (non è così sicuro che ci siano sempre) e le due cose che possono esserci anche all’interno di una tifoseria. Penserò a questo quando mi chiederò “perché” con arroganza, quando mi sentirò di giudicare secondo i miei pensieri. L’ultima cosa che mi chiedo è questa: se Costantino Rozzi stesse davvero guardando dall’alto in basso con il binocolo, come nella celebre vignetta, la frase “che stet facenne?” siamo sicuri che la direbbe solo ad uno tra società e tifosi? In quel caso, forse, potremmo capire il perché.

Matteo Rossi