L’ultima indagine condotta dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, Cyberbullismo) su un campione di 500 persone di entrambi i sessi di età compresa tra i 18 e i 68 anni ha rivelato che si è sempre più disposti a parlare di sé e a conoscere gli altri attraverso i social anziché mettersi a confronto nelle occasioni che offre la vita offline. Per l’80% degli intervistati, infatti, i social facilitano l’incontro con l’altro ma quando si trovano davanti a un soggetto in carne e ossa il 65% di loro confessa di avere difficoltà a gestire la relazione.

Si può dire che si hanno sempre pronti i polpastrelli per commentare i post, inviare messaggi in direct o sulle varie app di messaging, ma si fatica sempre di più a spiaccicare parola quando ci si trova vis à vis? «Scrivere e parlare l’uno di fronte all’altro implicano due diverse abilità», osserva lo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. «La comunicazione, in generale, affinché sia efficiente ed empatica, richiede molto allenamento. Più siamo disposti a confrontarci, a scambiare idee, e a dialogare con gli altri, più si migliora». Ma come mai si privilegia la modalità scritta, sparsa su un social e l’altro con anche l’aggiunta di invii di tanti vocali che non richiedono un confronto diretto, piuttosto che quella parlata? «Perché creiamo più community e meno comunità. Comunicare nella vita offline comporta l’uso di tutti sensi, dell’empatia e chiede la disponibilità a metterci la faccia. Abbiamo delle micro espressioni facciali che possono dire molto del nostro stato emotivo alla persona con cui ci troviamo di fronte. E poi, appunto, è necessario un confronto a cui non siamo più così abituati».

Il 55% del campione sostiene che i social colmino il bisogno di intrattenere relazioni con altre persone. Se si va a sviscerare il dato, si scopre che la pensano così il 78% degli intervistati tra i 18 e i 28 anni e il 63% di età compresa tra i 58 e i 68 anni. Numeri che mettono in luce anche un altro aspetto: il 68% delle 500 persone che hanno risposto ai questionari dice di non soffrire la mancanza di qualcuno accanto da quando utilizza con regolarità i social, perché online c’è sempre qualcuno pronto a rispondere o a intrattenersi in compagnia. Vale a dire che non ci si sente più soli? «I social invitano ad attivarsi, a postare, a scrivere, a leggere commenti… Ed è vero che, in un certo senso, facilitano il contatto con gli altri e possono far sembrare più lontane le difficoltà con cui tutti dobbiamo fare i conti nella quotidianità. Ma, a mio avviso, più che aiutare a non sentirsi più soli, sarebbe meglio dire che le persone non hanno più il tempo di annoiarsi o di vivere una solitudine costruttiva. Il tempo sui social passa in fretta e sembra che ci sia sempre qualcosa da fare, o guardare, scrollando tra le loro pagine», commenta il Presidente dell’Associazione Di.Te.