Prima il saggio preparato insieme alle educatrici per mostrare gli oggetti realizzati nel corso dei tanti laboratori, poi la consegna delle medaglie fatte a mano dagli stessi bambini, infine gli abbracci e la consapevolezza che il campus era finito. La prima a commuoversi è stata una bambina di 7 anni, poi, davanti al suo pianto dirotto, si sono sciolti tutti, piccoli e grandi.

Si è concluso così, nella palestra di Centrale di Acquasanta Terme, il campus estivo alla scoperta degli antichi mestieri dedicato ai bambini residenti nei comuni del cratere sismico, promosso dall’associazione Laboratorio della Speranza e sostenuto dal Comitato Sisma Centro Italia – Confindustria, Cgil Cisl e Uil. E la festa finale, che ha visto l’esposizione di tutti i lavoretti realizzati dai ragazzi, è stato il momento che più di ogni altro ha mostrato il risultato di una esperienza forte che ha centrato ogni obiettivo.

Con una quarantina di iscritti, dai 4 ai 14 anni, i laboratori si sono svolti per quattro settimane e hanno spaziato dalla falegnameria al ricamo, dalla manipolazione dell’argilla al disegno, dal corso di panetteria a quello di ciclismo, dalle lezioni di pittura a quelle che hanno portato i ragazzi alla scoperta della montagna.

“Il campus è stato pensato per intrattenere i giovani durante l’estate – spiega don Paolo Sabatini, presidente del Laboratorio della Speranza -, per avvicinarli alle tradizioni e ai mestieri che da sempre tengono in vita questi borghi e per dare un aiuto alle famiglie nella gestione del tempo libero dei più piccoli”.

“E’ stata un’esperienza potente – sottolinea una delle educatrici, Miso Kuleif –. I bambini del cratere sono abituati più di altri a stare insieme, probabilmente per la convivenza forzata provocata dal sisma e questo, insieme agli interventi dei tanti operatori, li ha fatti crescere molto. Ognuno di loro ci ha lasciato qualcosa e anche noi siamo cresciute con loro”.

“Sono tornata qui dopo quasi due anni – racconta Francesca Di Marco, psicologa -, avevo lavorato con questi bambini a ridosso del terremoto e molti di loro erano davvero piccoli. Era difficile in quei momenti creare un senso di comunità, molti all’inizio non partecipavano alle attività. Ritrovarli dopo due anni così uniti, nonostante provengano da comuni diversi, mi ha davvero emozionato. Nel tempo, grazie anche alle attività promosse dal Laboratorio della Speranza, si è riusciti a far emergere quel senso di appartenenza che è l’obiettivo primario di tutti i nostri progetti”.