Pubblichiamo per intero l’omelia che S. Ecc.za Mons. Domenico Pompili ha pronunciato durante la celebrazione esequiale di don Giuseppe Bachetti.

Andò da Gesù di notte”. Nicodemo è un uomo ormai maturo quando si reca da Gesù ‘di notte’ per evitare sguardi indiscreti. Ma, forse, l’oscurità esteriore fotografa bene il suo stato interiore. Anche per noi è notte fonda e rimaniamo confusi rispetto ad un evento che umanamente appare senza sbocchi. Ma siamo qui per lasciarci ispirare da Gesù che dice: “Se uno non nasce dall’alto, non può vedere (il Regno di) Dio”. Che significa nascere dall’alto? E, soprattutto, che cosa vuol dire dopo che improvvisamente un’altra vita se ne è andata a causa del coronavirus? Come può nascere dall’alto uno quando è morto? “Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”. Istintivamente ci verrebbe da dar ragione al buon senso di Nicodemo. Del resto, siamo ormai tutti disabituati a pensare la vita fuori dal semplice calcolo biologico. Ce ne siamo fatti una ragione. Si vive e, anche se non ci pensiamo, si muore. A chi prima, a chi dopo. Il miracolo dell’esistenza sembra un biglietto di sola andata. Che vuol dire allora rinascere dall’alto? Gesù aggiunge: “Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel Regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito”. Come dire che la vita sotto il profilo della carne è limitata e irreversibile. Ma è altra cosa quando è ricondotta alla sua segreta identità. Se allarghiamo il nostro sguardo cambia tutto.

A pensarci la vita stessa di don Giuseppe è stata un continuo ri-nascere. Sin da piccolo, alla scuola del parroco di Venagrande, don Mario Domizi, aveva maturato l’idea di diventar prete, ma poi non se n’era fatto più niente. Strada facendo Bachetti ha creato un’azienda di trasporti, ha provato a crearsi una famiglia, lui che non ne aveva una. Ma senza esito. Ha fatto poi il marinaio, l’infermiere militare, il circense, ma i successi professionali non lo hanno mai distolto da quella chiamata dall’alto. E a 57 anni finalmente è stato ordinato presbitero nella chiesa di Ferrara. Solo di recente era tornato nella sua Ascoli dove era nato nel 1948 e qui tutti si erano accorti di questo prete contento di sé e del suo ministero: qui in Cattedrale, come tra i militari, presso le suore, come missionario della Misericordia, a Poggio di Bretta. Egli ha così incarnato quel che Pietro e Giovanni hanno invocato per i fratelli della prima generazione cristiana: “proclamare con tutta franchezza la (tua) parola, stendendo la (tua) mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome del (tuo) santo servo Gesù”. Apparentemente don Giuseppe è stato sottratto repentinamente a questa cura delle persone a lui affidate, ma le cose stanno proprio così? Gesù dice con chiarezza: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va”. Sì la vita è come il vento, non sai da dove viene e dove va, eppure il vento soffia ancora. Anche per don Giuseppe. Da lui impariamo a vivere la vita, ad assaporarla ancora più intensamente, a non sprecarne neppure un istante. Per comprendere finalmente il senso delle parole di Gesù: “Se non uno non nasce dall’alto non può vedere Dio”.