E adesso che si fa?”: sarà stato sicuramente il pensiero immediato di tutti coloro che si occupano del sostegno ai poveri della propria città.

Qui, nella Diocesi di Ascoli Piceno, l’aggravarsi del momento e l’aumento delle limitazioni alla mobilità, hanno davvero rappresentato un rischio di interruzione dell’attività a servizio dei poveri, anche di quella realtà di volontariato denominata P.A.S., “Polo Accoglienza e Solidarietà”.

Una realtà unica nel mondo associativo, dapprima “luogo ideale” sognato dal nostro Vescovo Giovanni D’Ercole, poi anche “luogo fisico” inaugurato lo scorso novembre grazie alla sinergia con la Fondazione Carisap.

Il P.A.S. è composto, ad oggi, da 17 associazioni. Esse, tutte attive in diversi modi nel campo del supporto ai vari tipi di povertà nel nostro territorio, sono associazioni sia ecclesiali, Caritas in primis, sia laiche, e tutte quante unite attraverso maglie di una fitta rete di relazioni, che in maniera naturale e imprescindibile comprende anche i rappresentanti dei vari ambiti del Comune e della ASUR. Nel P.A.S. ognuno si propone a seconda del proprio carisma e mette a disposizione degli altri il proprio know how e le ricche esperienze acquisite nel corso degli anni, anche e soprattutto adesso, in questo periodo carico di quelle difficoltà che caratterizzano una epocale emergenza sanitaria che non risparmia nessuno.

Seguire le sacrosante misure di sicurezza dettate dal Governo per contrastare la diffusione del COVID-19, infatti, ha causato l’abbandono delle normali, collaudate e funzionanti procedure di ausilio ai bisognosi della città. Ma si sta verificando, forse proprio grazie a quella che Papa Francesco chiama la “creatività dell’amore”, un fenomeno che potrebbe rientrare nella definizione di “resilienza sociale”: il P.A.S., ha, sì, vissuto istanti di dubbio, esitazione e preoccupazione, ma questi si sono presto trasformati in idee e soluzioni per far fronte, il più velocemente possibile, al repentino ed imprevedibile cambiamento di situazione.

E così l’associazione Zarepta, che da circa 25 anni è la mensa dei poveri ascolani praticamente 365 giorni l’anno, recepite le indicazioni ministeriali di sicurezza dei primi tempi, ha sospeso subito il servizio del pasto al tavolo sostituendolo con uno da asporto, sempre preparato nella cucina in dotazione presso lo stabile del PAS. Quando poi le misure di contrasto al COVID-19 si sono fatte più stringenti e l’atmosfera si è colorata di rischio per la salute di tutti, parecchi volontari, a malincuore, hanno dovuto rinunciare chiudendo la cucina e accettando le regole, ora più ferree, del lockdown. I volontari più giovani della mensa, coadiuvati da quelli altrettanto giovani delle altre associazioni e coordinati dalla Caritas Diocesana, hanno fatto sì che il servizio rimanesse in qualche modo ininterrotto anche in questa drammatica e complicata circostanza, nel rispetto di tutte le norme di sicurezza sanitaria.

Gli operatori del Centro d’Ascolto si sono tempestivamente attivati con lo smartworking, garantendo una finestra di attenzione telefonica dalle 9 alle 19, tutti i giorni della settimana, accogliendo ed ascoltando disagi, confortando, consigliando e rilevando bisogni di vario tipo, rimanendo in costante collegamento con i gruppi operativi dopo aver filtrato ed inoltrato le istanze, coordinando gli interventi.

La comunicazione fra gli operatori addetti alle diverse mansioni, come in una catena di montaggio, è notevolmente aumentata e con un po’ di tecnologia unita allo spirito di comunione di tutti, sta garantendo ogni giorno l’approvvigionamento e la distribuzione di circa 70 pasti giornalieri, che aumentano quotidianamente. I cestini, comprensivi di pranzo, cena, posate, bottiglia di acqua, sono preparati in modalità sicura e rispettosa delle norme igieniche, e prevedono accorgimenti in caso di intolleranze/allergie, di prescrizioni religiose e, in presenza di bambini, si aggiungono cibi a loro graditi e dolcetti. Gli utenti, senza avvicinarsi, si fanno notare e il loro nome viene appuntato tramite un’applicazione software che ne registra l’ordine di arrivo e che comunica, agli addetti alla preparazione dei cestini, il numero dei pasti da approntare.

Si sperimenta ogni giorno l’intervento della Provvidenza: dall’arrivo di nuovi volontari alle donazioni di derrate alimentari da cuocere o già pronte. Cosicché anche il pasto è frutto di una coralità di interventi: le Suore Benedettine di clausura di Sant’Onofrio cucinano un primo piatto che va dalla pasta al ragù, alle penne al gorgonzola o con tonno e olive; un supermercato appronta il secondo (che può essere merluzzo gratinato con patate se non roast beef all’inglese con verdure cotte), i panifici consegnano il pane del giorno prima (forse “vecchio” per il mercato ma buono da mangiare) ma anche pizze; il fruttivendolo porta la frutta fresca; qualche negozio di gastronomia, ora chiuso al pubblico, offre delizie fritte come le olive all’ascolana, per tutti. Ogni minima donazione viene registrata con precisione sia per una questione di trasparenza, sia per poter ringraziare tutti appena possibile.

Da ultimo, ma non per ultimo, tra poco, le cucine e le cuoche delle mense scolastiche comunali, verranno messe a disposizione per approntare i pasti durante la settimana. Anche in questa occasione, il servizio di “supporto” non si esaurisce in un mero assistenzialismo: sebbene tutto si svolga in tempi rapidissimi, è premura degli operatori il ricordare, ed in tanti casi insegnare, le elementari norme igieniche e sociali, tramite la distribuzione di mascherine e di gel igienizzante/disinfettante per le mani (che chi vive in strada non ha possibilità di reperire), oppure con l’esortare tutti a consumare il pasto singolarmente, nel rispetto dell’igiene e della sicurezza propria ed altrui. Ogni giorno mette tutti alla prova presentando nuove esigenze da risolvere con nuove (fantasiose, ma sicure) soluzioni, che vanno poi a costituire uno “storico” che consente la pianificazione della preparazione per il giorno seguente.

Di fianco, l’Emporio della Caritas Diocesana ha improntato una distribuzione di pacchi con generi alimentari basilari, necessari per una settimana, del valore di circa 50€: ogni sabato tutte le famiglie bisognose ricevono due scatoloni. Per i soggetti considerati “fragili”, segnalati dai Servizi Sociali, dal Centro d’ascolto Diocesano e da quelli Parrocchiali, che siano essi anziani, malati o impossibilitati a muoversi, è prevista la consegna a domicilio che viene effettuata dalla Protezione Civile Comunale. All’orizzonte si sta presentando una nuova necessità e cioè la possibile ondata di richieste di aiuto che la crisi economica, conseguente al blocco prolungato di tutte le attività, provocherà nei prossimi mesi. Non ci si arrende di certo: si metteranno in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili nella comunità ecclesiale e civile, seguendo il nostro iter fatto di accoglienza, solidarietà, equità, collaborazione, sinergia, trasparenza, lavoro di squadra.

A questo proposito, rimane solo da raccontare che durante uno dei video incontri con i sacerdoti, il Vescovo D’Ercole ha lanciato un invito a contribuire, in qualche modo, a favore delle famiglie che sono e che saranno in difficoltà. I sacerdoti hanno risposto con varie proposte, decidendo poi in comunione, di effettuare un’offerta in libertà proprio a Caritas diocesana. E così saranno i primi sostenitori di questa azione solidale che è stata estesa a tutti i fedeli della Diocesi, che in questo ed in altri modi vorranno unirsi per stringersi attorno a chi ha bisogno, tramite l’appello dello stesso Vescovo nel corso della Messa in Coena Domini trasmessa da “Radio Ascoli in TV/TVRS”.

In questa situazione imprevedibile e dura, abbiamo dovuto cambiare rapidamente il nostro modo di essere vicini ai poveri ed anche se gli abbracci o le strette di mano sono vietati, i nostri sguardi carichi di empatia e di affetto lasciano immaginare il solito caldo sorriso, solo celato, e solo per ora, dalla mascherina. E se il DNA del volontario è proprio “l’essere accanto”, anche fisicamente, almeno con una pacca sulla spalla, oggi proprio questo DNA ha dovuto subire una mutazione: la catena dei rapporti è passata da un TU/ME ad un TU/NOI, dove il “NOI” è la rete che si fa carico delle necessità sociali: il “povero” non è più di una singola associazione (“quello che seguiamo noi”) ma c’è una presa in carico solidale, che testimonia e fa prendere coscienza che la Carità non è priorità o esclusiva di un singolo, ma un puzzle costituito dall’unità di tanti, diversi, mai stanchi frammenti di Amore.